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    Il Rifugio Avanzà (è la più "alta" struttura ricettiva del territorio di Venaus), di proprietà del comune di Venaus, è un ex casermetta militare situata nei pressi del colle omonimo (il colle separa la Val Clarea dalla Val Cenischia, sul fianco sud del Giusalet).

    L'immobile, voluto dallo Stato sabaudo come ridotta (la ridotta è una piccola opera di fortificazione militare), aveva essenzialmente il compito di permettere la vigilanza su possibili invasioni dal Col Clapier; già operativo in periodi antecedenti l'era napoleonica, ha conservato queste prerogative fino al secondo conflitto mondiale.

    Lasciato incustodito è stato depredato di suppellettili, cimeli e l'incuria lo ha ridotto ad un rudere; la Pro Loco di Venaus si fece promotrice della ricostruzione accollandosi 20 mila ore di lavoro volontaristico dal 1973 al 1993 e ne cura tuttora la gestione.

    Di fondamentale importanza per le ascensioni nella zona del monte Giusalet, il rifugio, attrezzato con 24 posti letto e una cucina a disposizione del pubblico, è aperto dalle ore 18.00 del sabato alle ore 17.00 della domenica da luglio a settembre, e tutti i giorni nelle prime tre settimane di agosto.

    Per le emergenze, nel periodo in cui non è gestito, il rifugio dispone di un locale aperto per sei persone.

    Il Rifugio Avanza'

     

     

    • Località: Passo Avanzà - Venaus
    • Altezza: 2578 m
    • Difficoltà: T
    • Proprietà: Pro Loco Venaus
    • Posti: 24 Estivi e 6 invernali
    • Apertura: Agosto - fest. luglio - settembre
    • Telefono Rifugio: 0122-50330 Pro Venaus

    ACCESSI

    Dalla SS. 25 che da Susa sale al Valico del Moncenisio, dopo l'abitato di Giaglione, svoltare a sinistra e imboccare la strada che conduce in Val Clarea.

    Percorrere circa 1 km e, prima di raggiungere il Piano delle Rovine (d'Ruine - Deruine sull'I.G.M.), al bivio prendere a destra (palina S. Chiara) una stretta carrozzabile bitumata che sale alla borgata Prà Piano (1495 metri s.l.m.) e al forte di S. Chiara.
    In questo punto la strada diventa sterrata, ma è ancora possibile percorrerla in auto per 4 km fino alla presa di carico o al pozzo piezometrico dell'impianto idroelettrico di Venaus (1950 metri s.l.m.).

    A questo punto si posono seguire due itinerari:

    Itinerario A e B

     

    Percorso A -  Proseguire a piedi lungo una carrareccia pianeggiante che porta alle rovine delle Grange Marzo (2014 metri s.l.m.), presso le quali si incrocia la mulattiera che sale da Bar Cenisio - TG (Tour del Giusalet). Seguire quindi il sentiero ben tracciato (segni bianchi e rossi) che porta ai ruderi delle Grange della Vecchia (2237 metri s.l.m.) e al rifugio (2578 metri s.l.m..

    Tempo indicato 2h (tempo impiegato 1h30')

     

    Percprso B -  Lasciare l'auto nei pressi dell'ultimo tornante della sterrata (circa 300 m prima del pozzo piezometrico) e prendere, a sinistra, una pista sterrata che conduce alla bergeria Mabert (1964 metri s.l.m.) e alla Bergeria Martina (1960 metri s.l.m.).
    Poco prima di quest'ultima, salire diagonalmente il ripido pendio prativo oltre la Bergeria Blet (2075 metri s.l.m., ormai diroccata) fino a scorgere tutto l'ampio e profondo vallone della Clarea; da questo punto percorrere la mulattiera che, attraversando l'intero versante sud-ovest della Punta Mulatera e dalla Punta Toasso Bianco, porta al Passo Avanzà (2538 metri s.l.m.) e al Rifugio. Percorso estremamente panoramico.

    Tempo indicato 1h45'.

    Altri Accessi

    Percorso C - Dalla SS. 25 in località Bar Cenisio, presso la "Residenza Moncenisio", imboccare la prima strada asfaltata sulla sinistra (seguendo l'indicazione Rifugio Avanzà - itinerario TG).
    Superato l'abitato, proseguire per il sentiero che si addentra in un bosco di larici; dopo aver attraversato il Rio Berta e percorrere un lungo tratto a mezza costa e attraversare il torrente Clanero.
    Proseguire poi sull'ex sentiero militare fino a raggiungere, presso le rovine delle Grange Marzo (2014 metri s.l.m.), l'innesto con il percorso "A" (proveniente dal Pozzo piezometrico) e, seguendo questo itinerario, salire al Rifugio.

     

     

    Stambecco

    LO STAMBECCO

    Lo stambecco delle Alpi (Capra ibex L. 1758) è un mammifero dell'ordine degli Artiodattili, della famiglia dei Bovidi e della sottofamiglia dei Caprini, diffuso lungo l'Arco alpin.

    100.000 anni fa, lo stambecco viveva in tutte le regioni rocciose dell'Europa centrale. È stato anche fonte d'ispirazione per i popoli del Paleolitico che lo disegnavano nelle grotte in cui vivevano, come appare nelle pitture murali della grotta di Lascaux in Francia.

    Fino al XV secolo, era presente lungo tutto l'Arco alpino, ma lo sviluppo delle armi da fuoco segnò ben presto la sua fine in quei territori. La medicina dell'epoca poi, tutta centrata sulla superstizione, gli fu fatale.

    La specie deve la sua sopravvivenza alla famiglia reale italiana. Fu infatti il re Vittorio Emanuele II che fece proteggere, nel 1856, gli ultimi esemplari, per riservarli alla sua caccia personale in una riserva privata situata in Valsavarenche dove, per suo ordine, un gruppo di guardacaccia li proteggeva da altri cacciatori. Ad oggi, la Valle d'Aosta è l'unica regione dell'arco alpino in cui la specie non sia mai scomparsa in tempi storici.

    Giunta ad un passo dalla estinzione nel corso del XIX secolo, la specie si è salvata grazie alla creazione, nel 1836, della Riserva reale di caccia del Gran Paradiso e successivamente del Parco nazionale del Gran Paradiso (1922). Le successive operazioni di reintroduzione, avviate con spirito pionieristico dalla Confederazione Elvetica sul finire dell'Ottocento, hanno portato alla sua ricomparsa in 175 diverse aree alpine europee. Nonostante la relativa frammentazione del suo areale, la sua popolazione è attualmente in significativa crescita.

    Si tratta di un bovide di rilevanti dimensioni. Il maschio dello Stambecco è caratterizzato da lunghe corna arcuate e nodose. La femmina, più piccola, è anch'essa dotata di corna, che raggiungono al massimo i 30–35 cm. Il maschio può vivere 14-16 anni mentre la femmina arriva a superare i 20 anni.

    Il colore del mantello dello stambecco cambia con il variare delle stagioni. Nel periodo estivo il pelo è corto, di colore beige o bruno chiaro. In autunno cade lentamente ed è sostituito da una spessa pelliccia con peli più lunghi di un colore bruno scuro, quasi nero: questa calda pelliccia lo proteggerà dal freddo della montagna ed il colore più scuro assorbirà meglio i raggi del sole. Una muta si renderà poi necessaria alla fine dell'inverno, nei mesi di maggio e giugno. Gli stambecchi si sbarazzeranno della pelliccia grattandosi contro le rocce e contro i tronchi degli alberi e non è raro, in questo periodo, trovare dei ciuffi di pelo intrecciati sugli arbusti e sulle rocce. La muta è anche all'origine del fastidioso prurito che gli stambecchi maschi cercano di alleviare aiutandosi con le loro lunghe corna.
    Il pelo delle femmine è di un beige giallastro o castano chiaro, salvo il ventre che rimane piuttosto biancastro e le zampe che sono bruno scuro. Esso si scurisce leggermente in inverno, ma comunque, sia in estate che in inverno, il mantello della femmina è più chiaro di quello del maschio.
    Alla nascita, il pelo dei piccoli stambecchi è invece di un colore beige rossastro, più chiaro di quello delle femmine: resterà tale fino all'età di due anni.

    Le corna, permanenti, sono costituite da un'impalcatura ossea ricoperta di sostanza cornea. La loro crescita si blocca ogni anno in novembre e tale arresto si evidenzia come un anello ben visibile sulla parte laterale e posteriore del corno. Dal conteggio di tali cerchi si risale al numero di inverni trascorsi e quindi all'età dell'animale.
    Nei maschi le corna presentano sul lato anteriore nodi vistosi, formati da escrescenze cornee, e possono superare, nei soggetti più vecchi, il metro di lunghezza. Al contrario le femmine hanno corna lisce, di 35 cm al massimo; dopo i 5 anni l'accrescimento annuale del corno diventa di pochi millimetri ravvicinando di molto gli anelli.

    Lo stambecco è un animale gregario; i branchi di maschi restano separati da quelli delle femmine e si riuniscono ad essi solo nel periodo riproduttivo. I gruppi di maschi comprendono soggetti di età superiore ai 4-5 anni e possono, in primavera, raggiungere le 100 unità. I soggetti più vecchi tendono ad una vita solitaria o sono aggregati in piccoli gruppi (4-6 elementi), comprendenti anche animali giovani. Vi sono infine i branchi di femmine con i piccoli e i giovani fino a due anni. Durante l'estate si possono osservare le "nurseries", ovvero gruppi di capretti (fino a 15-20) controllati da una o due femmine mentre le altre madri sono alla ricerca di cibo.

    Alimentazione

    Erbivoro, può mangiare fino a 15 kg di erba al giorno, ma si ciba anche dei germogli di ginepro, di rododendri, di muschi e di licheni. Non è raro incontrare in montagna, ai lati delle strade, dei piccoli blocchi di sale destinati ai gruppi di stambecchi perché, come altre specie del genere Capra, è ghiotto di sale in quanto il suo organismo accusa un'effettiva esigenza di sodio, solitamente poco disponibile nei foraggi. Si abbevera poco, accontentandosi spesso della rugiada mattutina. In primavera si nutre di arbusti dei quali apprezza soprattutto i germogli, e che bruca drizzandosi sulle zampe posteriori. In inverno le erbe secche sono la base dell'alimentazione ma compaiono anche arbusti (ontano verde) e licheni, raramente aghi di conifere.


    Riproduzione

    Gli accoppiamenti avvengono durante i mesi di dicembre e di gennaio. I maschi adulti dominanti ricercano attivamente le femmine in calore, mostrando caratteristici atteggiamenti di sottomissione: corna rovesciate sulla schiena, collo teso, coda alzata a pennacchio a scoprire lo specchio anale bianco.
    Gli scontri tra maschi, peraltro assai spettacolari, sono limitati e sanciscono la supremazia dei singoli individui.
    Dopo una gestazione di circa 160-180 giorni nasce un solo piccolo, raramente due. Il neonato sta in piedi dopo pochi minuti ed è subito in grado di seguire la madre sulle pareti a strapiombo.

    Sullo sfondo la diga del Moncenisio

    Il Lago della Vecchia  -  2674m



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